sabato 19 giugno 2010

RISARCIMENTO DANNI

Mi piacciono le curve delle donne. Ogni mattina quando prendo l’autobus per andare a lavorare, mi appoggio su di loro, delicatamente come se non lo facessi di proposito: in fin dei conti sono cieco e quindi molto credibile. Se così non fosse, verrei sicuramente preso a schiaffi. Quando “per caso” la mia mano sfiora, col dorso, una morbida natica, il corpo della sventurata si irrigidisce, fa uno scatto nel voltarsi per reagire, ma poi vede il bastone bianco, gli occhiali scuri e accetta l’oltraggio fino alla fermata successiva.
Potrò sembrarvi un approfittatore, ma dal momento che sono cieco dalla nascita, vivo questa mia depravazione come un risarcimento danni. Se avessi 10 diottrie su 10 sarei un maniaco ma così sono solo un povero disgraziato.
Oggi però mi è successa una cosa strana: sono salito sul 3 in direzione ospedale, seguendo un buon profumo francese, elegante e sofisticato, sono avanzato nel corridoio centrale con il palmo della mano sinistra ciondolante, ma bello aperto e TAC, raggiungo la miglior natica della mia vita, gentile e muscolosa, stretta su una fascia di viscosa.
Nell’autobus risuona un vocione: “Ehi Ray Charles quello è il mio culo!”. Mi scuso balbettando per l’imbarazzo, poi con un accento straniero il possessore di tanta perfezione, a bassa voce, mi dice: “ciao! Io sono Carlo e anche Consuelo, ti interessa l’articolo?”. Rifiuto cordialmente, ma la mia vita da oggi è più felice perché ho scoperto che mi piacciono anche le curve degli uomini!
Carlos, Valencia

lunedì 14 giugno 2010

NEW LIFE

Luigi era seduto nello scompartimento di prima classe, il suo laptop era adagiato sul tavolino pieghevole in standby e il cellulare era in modalità silenziosa.
Voleva distrarsi un po’ dal lavoro: basta con i numeri e così si mise a leggere l’inserto dedicato alla cultura del giornale di finanza.
Il suo occhio venne rapito da un titolo “New Life: ricominciare è un gioco!”. L’articolo parlava di un gioco da tavolo che stava spopolando: pescando una serie di carte i giocatori avevano la possibilità di crearsi una nuova vita. Il giornalista attribuiva il successo di questo gioco all’insoddisfazione che regna nella vita di chiunque e argomentava citando fior fior di psicologi.
Luigi scese alla stazione seguente, per prendere la coincidenza che lo avrebbe portato a casa, entrò nel negozio di giocattoli della stazione a comprare un’automobilina al figlio Francesco e approfittò per cercare New Life.
Luigi uscì dal negozio con un pacchettino dal nastro giallo. Di New Life neanche l’ombra: nessuno, in quel fornitissimo paradiso del giocattolo, sapeva cosa fosse.
Si buttò dentro il primo negozio di fiori vicino alla stazione per comprare un mazzo di tulipani alla moglie Silvia.
Tra un’ora sarebbe tornato a casa. Forse non era riuscito a trovare New Life perché era appena uscito e non era ancora arrivato al negozio, avrebbe potuto cercalo da qualche altra parte, ma alla fine non gli importava un granché: lui non aveva bisogno di una New Life.

Sandra, Klagenfurt

MAGIA

E’ domenica mattina, mi trascino per il mercato, infastidito dal sole e dalla miriade di persone che mi urtano, accalcandosi di fronte a bancarelle, gestite da venditori urlanti.
Da quando se n’è andata tutto è grigio, tutto é pesante.
Entro in un caffè e ordino una bionda, bella fresca. Me la serve una ragazzina dagli occhi magici.
Attorno a me sento bollicine e improvvisamente il mondo prende colore.
Pago ed esco: la strada è piena di donne bellissime e affascinanti, i pomodori sono più rossi che mai, il vociare della gente è un inno alla gioia di vivere. Il mondo è meraviglioso: sotto un cielo azzurro le persone comprano cibo per nutrirsi e per nutrire, così come si nutrono vicendevolmente di sorrisi e di sguardi.
Lo spazio di una birra e la mia visione è capovolta: guardando gli occhi di quella ragazzina ho riacquisito la capacità di meravigliarmi; la giovane e ignara maga mi ha curato senza parole.
Vedo le mie e le altrui imperfezioni ma ora mi sembrano grazia…in questo istante sono presente come non lo sono stato mai: sono tutto e sono niente.

Edoardo, Bilbao

IL PALO DEL METRO’

Mani lunghe con dita sottili, mani tozze e nodose, mani fresche di sapone, mani giovani e mani più mature, mani bianche, nere e gialle, mani nude e mani con guanti, mani curate e mani sciatte, mani con unghie laccate e mani con unghie rosicchiate, mani sudate, mani secche, mani calde e mani fredde, mani pulite e mani sporche… tutte in fila, una dietro l’altra palpitanti e stanche si sfiorano senza conoscersi.
Le sento tutte su di me e ognuna mi racconta la sua storia.
Quella di Ugo dice che è stanca di riparare motori (ormai sono cinquant’anni che lo fa), vuole liberarsi dalla grossa coltre di calli per abbandonarsi in leggere carezze da dare al suo nipotino Luca.
Quella di Giorgio porta con sé l’errore di gioventù: una piccola stella tatuata in carcere, dove ha passato due anni per spaccio di droga.
Quella di Andrea, oggi, è febbricitante: ieri ha toccato il suo primo seno.
Quella di Giulia, reticente e orgogliosa, si interroga: “rispondo oppure no all’sms di quello stronzo che mi ha tradita?!?”.
Quella di Enrica puzza di fumo e si sente in colpa: aveva promesso alla mamma che non avrebbe più fumato.
La mano del “Poeta”, oggi, è più lercia del solito: non ha trovato nessuno di così generoso, da pagargli un panino, per una delle sue poesie, così ha dovuto rovistare tra l’immondizia del ristorante cinese.
Maria è appena tornata da messa, ci va ogni mattina alle 7.30, e ora la sua mano ha un alone di santità da particola.
La vecchia e stanca mano di Antonio sta mollando la presa, ormai è giunto al capolinea, dopo una lunga malattia.
Oggi è l’ultimo giorno che mi toccherà. E anche se stasera gli addetti alle pulizie cercheranno di eliminare le impronte che Antonio ha lasciato su di me, non ci riusciranno: nessun detergente potrà cancellare l’incontro di mani che è la vita, e che domani, anche senza Antonio, non cesserà di esistere.

Lucienne, Paris