martedì 21 gennaio 2014

Il biglietto aereo


Si chiamava Achille, la cosa stupiva perché era un diciottenne argentino del duemila.
Quando ho saputo che aveva una sorella che si chiamava Yocasta, ho capito tante cose.
Come potete immaginare, veniva da una famiglia più colta che benestante, ed in piena crisi economica, aveva deciso di studiare fisica, credo.
Ci siamo trovati nel contesto di una borsa di studio, di quelle rare che i governi interessati alla diffusione alla cultura italiana offrono ancora.
Siccome tanto lui quanto io eravamo assolutamente indifferenti alla follia delle compagne, che volevano ad ogni costo andare a comprare la borsetta Louis Vuitton falsa dal senegalese di fianco, abbiamo subito fatto amicizia.
Abbiamo convissuto a Genova per un paio di settimane intensissime, dove si mangiava molto, si dormiva poco e si imparava tanto.
Si avvicinava la fine del soggiorno in Italia. Le chiacchierate si prolungavano fino a notte fonda e gli abbracci si facevano più stretti.
I primi voli partivano verso i nostri paesi di origine.
All'epoca, i biglietti erano ancora di cartoncino.
Nella coda, che alla fine si divideva tra quelli che facevamo lo scalo a Rio e coloro che andavano direttamente ad Ezeiza, un silenzio scomodo si impadroniva delle nostre anime.
Ad un certo punto, Achille si è girato verso di me e con tutta solennità mi ha detto :“ Tieniti questo, non dimenticherai mai questo momento”.
Non era altro che il pezzetto di carta in bianco, che avanzava dalla stampata dei biglietti.
Qualche giorno fa, nel cassetto delle mie cose più care (foto d’infanzia, lettere di fidanzati, souvenir vari), l’ho trovato: 4x1 di carta bianca.
Achille ha avuto ragione.


ADRIANA LA BUONORA, Montevideo, Uruguay







Nessun commento:

Posta un commento