venerdì 19 novembre 2010

Un'ultima occhiata

Ho saputo che il mio babbo stava lottando contro il cancro da due anni, ma lui era sempre ottimista ed ero fiducioso che sarebbe guarito. Così ho tardato ad andare da lui, anche perchè c‘erano 400 chilometri tra noi. L‘ho spesso chiamato al telefono, e lui parlava di suoi progetti per il futuro, come al solito ~ era ancora un uomo piuttosto giovane e aveva molto da fare.

Poi mia sorella mi ha telefonato per dirmi che dovevo andare là, se volevo prendere commiato da lui. Una settimana dopo sono salito sull‘aereo diretto a nord. Durante il volo, ho usato il tempo per prendere nota di alcune cose di cui parlare con lui, una sorta di “lettere a mio padre“.

Mia sorella mi aspettava all‘ aeroporto e mi ha subito detto che nostro babbo era peggiorato ed era entrato in coma. Mi ha accompagnato in macchina velocemente fino all‘ospedale .

Mi aveva avvertito che la malattia – e il trattamento – avevano avuto un effetto negativo, però non ero preparato a quell‘aspetto che avevo di fronte. Non conoscevo quell‘uomo anziano che stava là. Solo allora, quando ho preso le sue mani, l‘ho riconosciuto come mio padre. Conoscevo bene quelle grandi e forti mani .

Mentre leggevo ad alta voce la lettera d‘addio, con le lacrime agli occhi, avrei voluto che lui mi guardasse un‘ultima volta, ma non è accaduto.

Brynja, Kópavogur
ICELAND





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