Era
già suonato il campanello che indicava la fine di un’altra
giornata all'università. All’ultimo minuto il professore ci ha
detto “Vi raccomando ragazzi domani portate con voi un oggetto che
ha un valore sentimentale per voi.” Tutti i miei amici discutevano
tra di loro l’oggetto che avrebbero portato in classe. Io non avevo
bisogno di pensarci troppo a lungo. Sapevo già che cosa avrei dovuto
portare in classe. Quando sono rientrata a casa sono corsa in camera
mia a cercare nei cassetti. Poi l’ho trovata, la maschera di
carnevale di Venezia. Sono restata lì, immobile a fissarla. Poi ho
cominciato a ricordarmi di nuovo di quella vacanza meravigliosa in
mezzo a Venezia e della storia dietro quel souvenir.
Io
e Marco avevamo deciso di fare questa vacanza per riavvicinarci un
po’. Con i miei impegni dell’università e quelli del lavoro di
Marco era diventato quasi impossibile incontrarci. E quando ci
incontravamo litigavamo. Avevamo bisogno di staccare la spina così
abbiamo scelto di trascorrere cinque giorni a Venezia. Cinque giorni
da sogno. Parlavamo proprio di tutto: della nostra famiglia, dei
nostri amici, degli altri viaggi fatti all’estero. Camminavamo tra
le strade di Venezia senza avere una meta. Non ci accorgevamo del
tempo che passava. Era come se fossimo stati ingoiati da quelle
stradine. Qualche volta ci fermavamo a farci una foto o a prendere
qualcosa da mangiare. Poi riprendevamo a camminare. Mi ricordo che
volevo sempre passare da Calle larga XXII Marzo per guardare le vetrine dei
negozi. Chissà se una volta avrei potuto comprarmi dei vestiti in uno di quei negozi? Ogni volta Marco era come se mi leggesse i pensieri
e mi diceva “Caterina svegliati dai tuoi sogni, sono soltanto
vestiti come quelli che hai addosso”.
Durante
il terzo giorno eravamo ripassati di fronte al negozio di
abbigliamento di Versace. Come al solito mi ero fermata a guardare i
capi dietro le vetrine. Quel giorno gli avevo chiesto: “Ma tu
pensi che un giorno avremmo abbastanza soldi per vivere bene?” Lui
mi aveva guardato con gli occhi lucidi e mi aveva detto “Ti va un
gelato?”. Ero talmente contenta di quel giorno passato insieme che
non mi ero accorta che non voleva rispondere a quella domanda. Mi
ricordo che quando eravamo rientrati all’hotel, Marco era stanco ed
è andato subito a letto. Io non potevo prendere sonno così mi sono
affacciata alla finestra con le cuffie negli orecchi ad ascoltare un
po’ di musica. Presto tutto sarebbe finito e saremmo ritornati alla
nostra vita. Forse avremmo fatto un’altra vacanza insieme. Il
problema erano sempre quei maledetti soldi. Così mi sono ricordata
della domanda a cui Marco non aveva ancora risposto. So benissimo che
Marco non è uno di poche parole e se non mi ha risposto è perché
quella domanda lo metteva a disagio. Durante quei giorni non aveva
mai parlato del nostro futuro insieme. Eppure avevamo fatto molte
gite romantiche sulle gondole e abbiamo passato le sere a guardare le
nostre figure nell’acqua di Venezia. Di sicuro aveva avuto più di
un’occasione per dirmi che cosa provava per me. Improvvisamente ho
cominciato ad avere sonno e ho deciso di andare a letto.
L’indomani
mi sono svegliata sola in quel letto grande. Erano già le dieci!
Perché non mi aveva svegliata? L’ho cercato nel letto e ho visto
che non c’era. Forse si trovava al bagno. No, mi sbagliavo non era
neanche lì. Mi sono girata di nuovo verso il letto e mi sono accorta
che sul pavimento c’era un sacchetto con dentro una busta e un
pacchetto. Ho deciso di aprire la busta. C’era scritto:
“Cara
Caterina. Se stai leggendo questa lettera è perché ti sei accorta
che non ci sono. Sono un codardo. Non ho coraggio di dirti quello che
provo perché quando sono di fronte a te mi blocco e non voglio
vederti soffrire. Ti ho amato moltissimo e sono sicuro che provo
ancora qualcosa per te. Ma come possiamo continuare a vivere in due
mondi diversi? In questo momento so che sei furiosa e ferita ma
credimi ho fatto delle brutte cose e tu non le meriti. Non meriti di
essere con uno che non vuole aspettarti e che non ti apprezza per
quello che sei. Caterina, hai bisogno di un uomo accanto al tuo
fianco. Io sono ancora un ragazzo che vuole soltanto divertirsi e
uscire con i suoi amici senza alcuni legami. Ti sembrerà strano ma
ti ho preso un regalo. In quel pacchetto troverai una maschera come
quelle che ti sono piaciute tanto quando abbiamo visitato le botteghe
veneziane. Quando guarderai quella maschera voglio che ti ricordi che
tu hai fatto di tutto perché la nostra relazione funzionasse. Eppure
io mi sono sempre nascosto dietro una maschera per poterti piacere.
Ma adesso basta. Basta per te e per me. Ti voglio bene e ti meriti di
meglio. Ciao. Non dimenticherò mai questi giorni stupendi.”
Dopo
aver letto tutto, mi girava la testa. Le lacrime mi scendevano sulle guance. Ho guardato quella bellissima maschera piena di colori, con
le labbra perfettamente chiuse che mi trasmette una sensazione di
mistero. Ho letto e riletto quelle parole diverse volte e per me non
avevano senso. Perché aveva aspettato quella vacanza? Non me lo
poteva dire prima? Che cosa gli ho fatto di male? Un sacco di domande
inondavano la mia testa senza trovare le risposte. Poi ho cominciato
a ricordarmi di quante volte mi aveva detto che non voleva uscire
perché era stanco, quante volte aveva fatto tardi al lavoro e quante
volte gli era suonato il cellulare e lui lo non rispondeva. Sono
stata veramente stupida e cieca. Come ho fatto a non accorgermi di
niente? Improvvisamente mi è ritornato in mente il testo di una
canzone italiana e della voce di Alessandra Amoroso. “Che stupida
che sei tu non impari mai”. Sì infatti non ho mai imparato a fare
la mia strada senza essere ferita.
Mi
ricordo che dopo aver pianto per due ore sono andata a farmi una
doccia. Poi ho preso la mia borsa e sono uscita a fare un giro tra i
canali di Venezia. Questa volta camminavo da sola e più camminavo
più mi sentivo libera. Era come se l’aria di Venezia mi stesse togliendo i pensieri e mi permettesse di sognare della nuova vita che
mi aspettava una volta rientrata a casa. Stranamente mi stavo
accorgendo che in fin dei conti mi mancava la vita dei single.
Oggigiorno
quando guardo quella maschera mi ricordo di quella vacanza che alla
fine si era rivelata la migliore della mia vita. Ero riuscita a
prolungare il mio soggiorno lì per un’altra settimana. Una
settimana dove ho potuto ritrovarmi e fare le cose che mi piacevano
di più, senza esitazioni. Domani all’università porterò questo
souvenir; il souvenir che rappresenta la fine di una relazione e
l’inizio di una nuova vita.
Sharon
Abdilla, Malta
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