giovedì 1 maggio 2014

Il Ponte


“Lei è francese, no?” – un bancarellista a Roma.
“Lei è irlandese?” - un cameriere a Rimini.
“Ma di dove sei? Sei come noi, no?” – due camerieri giovani a Taormina.
Sono statunitense. Parlo italiano perché l’ho studiato a scuola. Come mai? Perché la mia famiglia è italo-americana. No, non l’ho imparato a casa perché i miei genitori non lo parlano. Studio italiano per creare un ponte tra me e i miei antenati, per mantenere la vivacità della cultura e della lingua italiana negli Stati Uniti.

Il mio souvenir preferito dall’Italia è simbolico di questo ponte metaforico e della mia identità ed è una foto che ho fatto dal Ponte Rialto a Venezia. Appoggiata sul muro della mia camera c'è questa foto accanto a un dipinto del Ponte Rialto che ho comprato in una galleria d’arte qua in Pennsylvania. Insieme, per me, questi due elementi rappresentano la differenza tra studiare da una distanza e vivere quello che studio, un concetto che tengo molto vicino al cuore e che spinge i miei studi. Oggi, studio italiano grazie alla passione che mi arriva e corre nelle vene quando ho l’opportunità di parlare la lingua con un italiano e quando mi perdo in un romanzo o in un film italiano. Il mio stimolo per studiare italiano si è trasformato da uno sforzo esterno, la mia famiglia, a questo interno, trasformandomi dalla ragazza che guardava il dipinto sul muro della sua camera alla ragazza che ha scattato la fotografia. Intendo rimanere sempre quella ragazza che controlla la macchina fotografica, seguendo la mia passione per l’italiano e condividendo il mio entusiasmo con altri per via dell’insegnamento.

Gina Marie Mangravite, NY (USA)

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